Scuola Primaria - IC Cremona 2

21 MARZO 2023

Scuole: Monteverdi / L. Bissolati

Prof.ssa Silvana Gambino
Prof.ssa Alessandra Fiori
Classi: Classi Quarte || 5A - 5B


Monteverdi

  • 21 Marzo 2023


  • Mafia= prepotenza, prevaricazione, arroganza

    La mafia è un modo di essere. Parliamone insieme, raccontando fatti e personaggi che ne hanno fatto parte.
    Secondo gli storici, la mafia nacque in epoca borbonica in una zona ben precisa della Sicilia occidentale, compresa tra Palermo, Agrigento e Trapani, dove vigeva il dominio dal latifondo che vessava una massa di contadini nella miseria e nello sfruttamento.

    Viene vissuta dai siciliani dell’epoca come una sorta di brigantaggio e non solo. Erano delle organizzazioni che formavano una sorta di stato indipendente per combattere l’eccessivo stato di miseria e privazioni derivate da uno stato sovrano. La mafia si è sviluppata in Sicilia dopo l’abolizione del sistema feudale nel 1812 Il trasferimento di gran parte della proprietà terriera alla borghesia, spinse i nuovi proprietari ad organizzare bande o squadre per il controllo del territorio. Le bande fungevano da mediatori tra ladri e derubati, tra contadini e nuovi proprietari, davano protezione agli affiliati.
    Dopo l'Unità d'Italia cominciarono i primi esperimenti di coordinamento fra cosche. Nel trascorrere degli anni, questo fenomeno si è diffuso all’interno delle istituzioni legali, legittimando ulteriormente il potere mafioso agli occhi dei siciliani.
    Poi la mafia comincia a cambiare il suo volto e da rurale diventa urbana, cercando nuove forme di profitto: nell’edilizia e appalti sia pubblici che privati. Comincia ad imporsi sotto forma di protettrice, chiedendo le tangenti agli imprenditori. Intensificando i rapporti fra cosche mafiose e partiti politici, rafforzando il loro potere e adeguarsi ai nuovi scenari criminali. Fino ad arrivare alle guerre fra cosche mafiose, che macchiarono di sangue innocente le strade siciliane.

    Li ho vissuti quegli anni, ero una ragazzina e i mafiosi del mio paese e dei paesi vicini, li incontravo in piazza.
    Stavano lì, davanti al bar della piazza a godersi lo spettacolo dei saluti ossequiosi dei passanti, tutti li conoscevamo, anche i carabinieri. Sono nata e cresciuta in un paese ad alta densità mafiosa.
    Ho raccontato ai miei alunni che noi siciliani non siamo omertosi, siamo cresciuti a stretto contatto con le associazioni mafiose e lo stato stava a guardare, rendendosi complice. Poi sono arrivati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che con la loro stessa vita hanno cambiato la storia, definiti “ martiri di GIUSTIZIA” uccisi nel 1992 a distanza di due mesi.
    Il racconto che faccio ai bambini continua, racconto loro quegli anni, vissuti in queste guerre di mafia, che hanno cambiato il volto della mia terra. Abbiamo parlato di Peppino Impastato, giovane ragazzo di Cinisi, un paese vicino al mio.
    Peppino, il suo vero nome era Giuseppe Impastato, figlio e nipote di mafiosi, rompe con il padre, che lo caccia via da casa e si dedica ad attività politiche e culturali anti mafiose.

    Fonda una radio, da lì denuncia gli affari mafiosi di Cinisi e Terrasini, con una trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici. Viene ucciso barbaramente e se Peppino, da vivo dava fastidio ai mafiosi, da morto ha fatto ancor più rumore, portando all’arresto di Tano Badalamenti, colui che diede l’ordine di farlo ammazzare, il capo mafia del luogo, colui che viveva cento passi dopo la sua casa.
    I famoso “cento passi” Abbiamo Parlato di Don Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia e beatificato il 25 maggio del 2013. Nel suo quartiere di Palermo, Brancaccio, dilaniata dalle cosche mafiose, riuscì a coinvolgere nei gruppi parrocchiali molti ragazzi strappandoli alla strada e criminalità. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto, li sottraeva alla malavita, così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo, in realtà anche lui come Peppino ha vinto con il suo messaggio che si è propagato ancor di più.
    In questo percorso storico/mafioso in cui ci siamo addentrati, ho cercato di far comprendere ai miei alunni che cosa vuol dire avere una mentalità mafiosa. Per essere semplice ho cercato di portare la conversazione e accendere il loro interesse sull’argomento, incentrandomi su quelli che sono temi odierni e comuni all’interno di un ambiente scolastico.

    La cultura mafiosa è uguale alla “prevaricazione, prepotenza, arroganza. Questi atteggiamenti li ritroviamo spesso negli ambienti in cui viviamo.
    Possiamo trovarli all’interno delle classi, nei luoghi di svago, palestre ecc, nei posti di lavoro.
    I cultori di essa, amano sopravvalutarsi, usano la sopraffazione per schiacciare il prossimo, segnano il territorio e lo vogliono sottomettere, usano qualsiasi strategia per ottenere quello che vogliono, sono arroganti e boriosi, crudeli e spietati, fingendo un apparente gentilezza, che nasconde una sottile rete di complici volontari. Ho arricchito il percorso con racconti reali della mia stretta vicinanza geografica a questi ambienti malavitosi. Abbiamo parlato della parola “ omertà” spiegandone il senso e da Siciliana, ho spiegato loro, che i siciliani non siamo omertosi, siamo stati abbandonati alle mafie dallo stato che si è reso complice.

    I nostri eroi a cui dobbiamo essere grati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e con loro a tutti gli uomini della scorta e tutti coloro che hanno lottato in questi lunghissimi anni, per dare voce a chi non ha avuto voce, per cambiare questo sistema corrotto fra stato/mafia, questo stato prevaricatore e ingiusto, che ci condanna a restare il fanalino di coda della nazione. Noi siamo fieri di aver avuto questi eroi che hanno dato la loro stessa vita, che hanno lottato per una giustizia vera, sono morti, uccisi barbaramente e ad oggi i veri mandanti non sono mai stati rivelati. Per finire il lavoro, abbiamo letto in classe le frasi più famose che ci hanno lasciato i nostri eroi. Gli alunni hanno scelto delle frasi da scrivere e mettere in un grande cartellone che abbiamo attaccato ai muri delle nostre classi, per non dimenticare. Abbiamo realizzato due brevi filmati, dove i bambini leggono le frasi che hanno scelto e abbiamo fatto delle foto. Non è stato semplice riuscire a spiegare la mafia, cercando di non scendere troppo nell’aspetto sanguinario della stessa. Con la speranza che sia la cultura mafiosa ad essere debellata.

    Silvana Gambino


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